Immagine della fotografa Margaret Bourke-White al lavoro in cima al grattacielo Chrysler, New York, 1934
Credits: Palazzo Reale, Milano

LE DONNE E LA FOTOGRAFIA

di Alessia Locatelli

Dalla Cameron alla Maier, un amore lungo 180 anni

Un viaggio nell'universo della fotografia di donne che hanno scritto pagine indelebili nella storia.

La fotografia ha il potere straordinario di catturare momenti significativi e di trasmettere emozioni profonde, e le fotografe donne hanno contribuito in modo eccezionale a plasmare il panorama della fotografia stessa.

In questo approfondimento vengono esplorate le storie affascinanti e ispiratrici di fotografe che hanno sfidato le convenzioni, sfocato i confini e arricchito il tessuto della fotografia donna e come queste straordinarie artiste hanno influenzato la narrazione visiva, aprendo nuovi orizzonti nella rappresentazione fotografica di donne e aprendo la strada a un futuro più inclusivo ed empatico.

Un contributo prezioso delle fotografe donne, che hanno segnato indelebilmente la storia della fotografia di donne.

 

Le donne hanno avuto da subito una sintonia con il nuovo mezzo fotografico. La sua manualità e la possibilità di imparare da autodidatta lo rendevano uno strumento moderno e maggiormente accessibile di certe arti plastiche tradizionali. Lo sguardo al femminile si distinse presto per alcune peculiarità nella narrazione fotografica, nella scelta dei soggetti e nell’uso stesso dello strumento. Anche dove il progetto è commissionato (come nel caso delle reporter), la sensibilità che individua e accompagna lo scatto è differente.

Luoghi e nomi delle fotografe donne 

Le prime pioniere della fotografia spesso non avevano studi, luoghi per la stampa o set fotografici, allestivano quindi l’atélier o la camera oscura in spazi inconsueti. Ne è l’esempio Julia Margaret Cameron (1815-1879). La fotografa era solita far posare i suoi soggetti all’interno di un set nel suo studio, un ex pollaio! La sua passione nacque quando la figlia le regalò una macchina fotografica e non si spense mai, sperimentando espressioni e personali come la sfocatura, coerente al linguaggio romantico a lei contemporaneo, e ritraendo sempre uomini e donne del suo tempo.

A volte le donne scelgono degli pseudonimi volutamente ambigui per poter lavorare in tutta tranquillità. Accadde alla surrealista Claude Cahun (1894-1954), che scelse tale “nome d’arte” perché uno dei pochi che in francese non consente di capire il genere, prestandosi quindi a essere usato sia dagli uomini che dalle donne. Ma anche perché politicamente la fotografa fu molto esposta, sino ad impegnarsi nella Resistenza francese. In altre occasioni, il lavoro di una fotografa fu attribuito al collega o al compagno di lavoro. Così fu per Lucia Schultz (1894-1989), moglie del fotografo e pittore ungherese László Moholy-Nagy, o per Gerda Pohorylle Taro (1910-1937), la prima fotoreporter morta sul fronte e compagna di Robert Capa, uccisa nel ‘37 durante la guerra civile spagnola.

Fotografe donne e il fotogiornalismo: guerre e recessioni

In America, nel 1936 appare uno scatto di Margaret Bourke White (1904-1971) sulla copertina della prima uscita di Life, oggi storica rivista di fotogiornalismo. La Bourke White fu una delle prime fotografe donne di reportage, la prima donna fotografacorrispondente di guerra e la prima occidentale ammessa in Unione Sovietica in qualità di fotogiornalista. Nella rivista lavorarono anche le reporter Nina Leen, Lisa Larsen e Marta Holme.

Restando in tema reportage non si può esimersi dal citare Dorothea Lange (1895-1966) forse una delle più conosciute autrici di questo elenco tutto al femminile. Fu l’unica donna nel gruppo di fotografi dell’Fsa (Farm Security Administration, 1937) voluto da Roosevelt per documentare la recessione agricola americana dopo la crisi del 1929. La forza emotiva delle immagini, ciò che le ha rese iconiche, è la capacità di entrare in empatia col soggetto, di lasciarsi trasportare dalla storia e riportarla nello scatto (e nei molti taccuini) sino a noi. Il suo modo di fare fotografia ha contribuito alla visione collettiva tra le due guerre negli Stati Uniti, ma anche durante la Seconda guerra mondiale la Lange non smise mai di documentare le condizioni di vita di alcune categorie socialmente deboli, nonché i problemi dell’epoca.

Immagine della fotografia di Dorothea Lange White Angel Bread Line, San Francisco 1933
Museum of Modern Art, New York
Dorothea Lange White Angel Bread Line, San Francisco 1933
Immagine della fotografia di Margaret Bourke-White, La Diga di Fort Peck, Montana, 1936.
Margaret Bourke-White -The Picture Collection Inc.
Margaret Bourke-White, La Diga di Fort Peck, Montana, 1936.
Avanguardie, moda e circo: le rivoluzioni estetiche delle fotografe donne

In ambito artistico Berenice Abbott (1898-1991) è una frequentatrice del mondo delle avanguardie, americane ed europee. Nel ’21 si trasferisce a Parigi e qualche anno dopo diventa assistente presso il Man Ray Studio, appassionandosi alla fotografia. Tornata negli USA inizia un progetto che in 5 anni la porterà a mappare molti edifici di New York, città già allora in continua evoluzione. Oggi oltre 300 scatti testimoniano i cambiamenti architettonici della Grande Mela e raccontano la storia della realizzazione dello Skyline più famoso al mondo. La Abbott fece parte del movimento della Straight photography, contro la manipolazione del soggetto o l’intervento di alterazione nel processo di sviluppo.

Un altro linguaggio completamente differente da quello del fotogiornalismo, ma altrettanto importante nella storia della fotografia, è rappresentato dalla figura di Lisette Model (1901- 1983). Nel 1938 arriva a New York dall'Europa, entrando subito in rapporto con importanti fotografi della scena americana. I suoi lavori fotografici, commissionati per le grandi riviste di moda come Harper’s Bazaar, PM Weekly e Cue, sono vere e proprie rivoluzioni estetiche, il cui punto di svolta è che la fotografia riveli al contempo qualcosa del soggetto e di se stessa. Uno scambio relazionale che influenzerà molte delle scelte della sua allieva, Diane Arbus (1923-1971). Donna coraggiosa e determinata, per prima ha raccontato il mondo dei freaks, dei circhi, di quella società ai bordi che nessuno in precedenza aveva mai desiderato immortalare. Nelle fotografie della Arbus, fotografa e soggetto si trovano assolutamente a loro agio, entrando in completa empatia con l’ambiente e l’atmosfera, spesso insolita, in cui scatta. È l’osservatore invece a sentirsi a disagio, spiazzato dalla rottura di quello che è l’immaginario visivo tradizionale su cui costruisce le sue certezze.

Non solo fotografie: la manipolazione e la ricerca artistica delle donne fotografe

Com’è naturale, alcune artiste si avvicinano alla fotografia attratte dalla potenza del mezzo e dalla possibilità di manipolarne i supporti, le stampe, di lavorare con le luci e le esposizioni. Le capacità espressive del mezzo sono sempre state numerose ma non bisogna credere, anche oggi che la fotografia si è ricavata un suo spazio, che essa sia un compartimento ermetico, una camera chiusa che non influenza e si fa influenzare dai fenomeni culturali in fermento. Imogen Cunningham (1883-1976) ad esempio fu molto vicina al suo tempo, ritraendo i volti di artisti, intellettuali e musicisti entrati nella storia della cultura: da Frida Kalho a Dorothea Lange, Gertrude Stein, Sherwood Anderson e Cary Grant. Ma la sua passione furono le fotografie di botanica, tra cui il suo lungo studio sui fiori di magnolia.

Dora Maar (1907-1997), artista di origine croata inghiottita dal vortice creativo parigino del Surrealismo e di Brassaï, con la sua Rollerflex ha attraversato gli anni Venti. Spesso è ricordata, più che per i suoi lavori fotografici di matrice surrealista, per essere stata la compagna di Pablo Picasso sino al 1943.

In Sudamerica rilevante fu la figura di Grete Stern (1904-1999). Lei ed il suo compagno, Horacio Coppola, sono considerati due precursori della fotografia modernista sudamericana; così come in ambito ricerca si ricorda la recentemente scomparsa Helena Almeida (1934-2018). Artista dedita all’uso espressivo attraverso il mixed media, ha trovato nella fotografia la possibilità di oltrepassare i confini delle stesse comics, definizioni di spazio e luogo, di corpo e immagine, sperimentando dal “design al cinema, dalla pittura alla fotografia alla scultura, dall’architettura alla performance”. Nel 1969 espose una fotografia in bianco e nero di se stessa avvolta in una tela da pittore, le braccia aperte e lo sguardo in basso, a ricordare un Cristo al femminile che porta la Croce.

 

Vivian Maier (1926-2009), pioniera della Street photography, lavorò come bambinaia per alcune famiglie benestanti americane. Gli scatti a Chicago e Los Angeles e gli autoscatti in strada eseguiti sempre attraverso le superfici riflettenti... Un’intera umanità ha transitato sotto la macchina fotografica di Vivian Maier. I suoi lavori mostrano l’intelligenza, la sagacia e la grande attenzione posta nella scelta delle inquadrature e dei soggetti. I negativi della fotografa, che arrivano sino agli anni Novanta e comprendono oltre 100.000 supporti, furono comprati a un’asta dal figlio di un rigattiere, John Maloof, che ne divenne successivamente divulgatore e ne ricostruì la biografia, altrimenti inesistente. Una considerazione interessante è che la Maier, riscoperta negli ultimi anni grazie anche ad alcune importanti mostre, non poté mai permettersi di vedere stampati i molti rullini e quindi anche le stesse immagini catturate con il suo obiettivo.

La fotografia come strumento artistico di critica, indagine e istruzione

Non solo in ambito tecnico, anche per la parte documentaristica, di critica e approfondimento possiamo annoverare delle donne tra le prime a redigere dei manuali di storia della fotografia. Il primo, “A hundred years of photography: 1839- 1939”, è scritto dalla tedesca Lucia Schultz; l’altro invece è della francese Gisèle Freund e si intitola: “La photographie en France au dix neuvième siècle”.

Negli anni Settanta, epoca di battaglie per la rivendicazione dei diritti, l’indagine sul corpo della donna in relazione alla vita privata e sociale in fotografia diventa uno strumento, anche politico, di affermazione. Cito con piacere un’artista, Cindy Sherman (1954) che con i suoi travestimenti interpreta i clichés dei ruoli femminili spingendone all’inverosimile la rappresentazione. E quando, attraverso la fotografia, la dimensione privata diviene ricerca del sé, scopriamo i lavori profondi e delicati della fotografia autobiografica: le immagini terapeutiche dai volti negati di Francesca Woodman (1958-1981), ma anche i lavori sui giovanissimi protagonisti di Sally Mann (1951) e le storie familiari di Nan Goldin (1953). Autrici che fotografano rincorrendo una necessità, l’urgenza di esplorare attraverso l’immagine la loro individualità o quella della famiglia, ma anche l’intimità, la coppia, le paure. Come se tra vita reale ed espressione artistica non ci fosse alcuna interposizione.

Parlando di fotografe che oggi godono di un riconoscimento internazionale e sono ancora in attività, vorrei citare Sarah Moon (1941), Jane Evelyn Atwood (1947), Christine Spengler (1945) e Annie Leibovitz (1949) conosciuta anche esternamente all’ambiente prettamente fotografico per aver scattato nel 2005 le immagini del leggendario calendario Pirelli.

Donne fotografe in Italia

In Italia abbiamo nomi importanti tra cui Lisetta Carmi (1924) e le sue storie di trasgressione negli anni Sessanta. Le fotografie dei transessuali nei carrugi di Genova o quelle della Sicilia, accompagnate dalle parole di Sciascia. Viaggiò anche molto in Oriente, sino a diventare una fervente induista e fondare in questi ultimi anni un ashram (luogo di meditazione) in Puglia. La sua è una fotografia nata come il prolungamento del desiderio della fotografia di accostarsi, con sensibilità ed empatia, alle persone sofferenti, agli ultimi.

Letizia Battaglia (1935) una delle prime donne fotoreporter italiane, con i suoi servizi sugli omicidi della mafia siciliana è stata l’occhio attraverso cui molti italiani hanno conosciuto le barbarie della malavita organizzata nella seconda metà degli anni Settanta. Lei stessa, in un’intervista sul suo lavoro, racconta: «Per me il reportage è andare al cuore delle cose, di un luogo, di una città, di un gruppo di persone, cioè scavare con l’immagine». Una testimonianza che mostra Palermo attraverso il ritratto di una città meravigliosamente complessa.

In conclusione, vorrei riferire di questa mostra dal titolo “L’altro sguardo. Fotografe italiane 1965- 2018”, proveniente dalla collezione privata della fotografa Donata Pizzi. Un’esposizione che ha girato molto in Italia e che ha fornito l’occasione di percorrere gli ultimi cinquant’anni di fotografia femminile nel nostro Paese. Esposte fotografie che abbracciano un ampio periodo temporale e affrontano temi legati alla questione femminile, al ruolo sociale e politico della donna, alla sua identità, nonché linguaggio espressivo del mezzo fotografico.

Immagine della fotografa Letizia Battaglia sotto ad un ombrello con Franco Zecchini
Wikicommons
Letizia Battaglia e Franco Zecchini
Le fotografe donne italiane

Per chi desidera approfondire la visione sulle donne italiane che lavorano oggi con la fotografia, ecco i nomi della fotografe in collezione: Paola Agosti, Martina Bacigalupo, Isabella Balena, Marina Ballo Charmet, Liliana Barchiesi, Letizia Battaglia, Betty Bee, Tomaso Binga (Bianca Menna), Giovanna Borgese, Giulia Caira, Marcella Campagnano, Silvia Camporesi, Monica Carocci, Lisetta Carmi, Gea Casolaro, Elisabetta Catalano, Carla Cerati, Augusta Conchiglia, Daniela Comani, Marilisa Cosello, Paola De Pietri, Agnese De Donato, Paola Di Bello, Rä di Martino, Anna Di Prospero, Bruna Esposito, Irene Fenara, Eva Frapiccini, Simona Ghizzoni, Bruna Ginammi, Elena Givone, Nicole Gravier, Gruppo del mercoledì (Bundi Alberti, Diane Bond, Mercedes Cuman, Adriana Monti, Paola Mattioli, Silvia Truppi), Adelita Husni-Bey, Irene Fenara, Luisa Lambri, Lisa Magri, Lucia Marcucci, Raffaela Mariniello, Allegra Martin, Paola Mattioli, Malena Mazza, Libera Mazzoleni, Gabriella Mercadini, Marzia Migliora, Ottonella Mocellin, Verita Monselles, Maria Mulas, Brigitte Niedermair, Cristina Omenetto, Michela Palermo, Lina Pallotta, Beatrice Pediconi, Claudia Petraroli, Agnese Purgatorio, Luisa Rabbia, Moira Ricci, Giada Ripa, Francesca Rivetti, Sara Rossi, Marialba Russo, Lori Sammartino, Chiara Samugheo, Marinella Senatore, Alessandra Spranzi, Grazia Toderi, Francesca Volpi, Alba Zari.

 

Quella del contributo femminile allo sviluppo storico del linguaggio fotografico è una realtà con radici profonde che attingono in terreni fertili, con rami verdi capaci di espandersi alla ricerca continua di competenze e professionalità ma soprattutto di linguaggi, espressioni e sguardi differenti nel contemporaneo.